La glaciazione wurmiana dei Monti della Laga

La catena montuosa della Laga è situata a cavallo tra le regioni del Lazio e Abruzzo, tra le province di Teramo e Rieti. Il crinale principale è orientato prevalentemente in direzione N/S, ma nel tratto centrale forma un ansa disposta con asse W/E.  La geologia di queste montagne si discosta dalle altre montagne appenniniche poiché la piattaforma carbonatica qui lascia il passo ad una potente pila di strati di argilla ed arenaria (flysch della Laga), residui dell’unico tratto di mare profondo del Messiniano (circa 3 mln di anni fa). Lo spessore della serie è di circa 2-3.000 metri e tutto il blocco è stato sollevato potentemente in un grande monoclinale, con gli strati inclinati a franapoggio sul versante abruzzese, mentre su quello laziale sono a regipoggio. Da questo ne deriva una netta dissimetria tra i due versanti: il versante abruzzese è mediamente poco inclinato ma inciso da valloni larghi e mediamente pronfondi, mentre quello laziale è ripido e profondamente solcato da valloni. La natura geologicia della Laga ha fatto sì che l’erosione sia stata sempre molto intensa, alterando continuamente la morfologia delle montagne e demolendo rapidamente qualsiasi cambiamento. La glaciazione wurmiana dei Monti della Laga

Glacialismo quaternario

L’altezza media del crinale, sempre superiore ai 2.000 m, ha permesso ai ghiacciai wurmiani di ricoprire anche i monti della Laga. La glaciazione wurmiana dei Monti della Laga è stata moderata, non paragonabile all’estensione che hanno avuto i ghiacciai sulle vicine montagne calcaree del Terminillo e del G.Sasso. Tuttavia, l’estensione dei ghiacciai della Laga è state generalmente sottostimata e poco attentamente valutata. I primi lavori risalgono al 1930 (Suter K., 1934, 1939), seguiti dagli approfondimenti di  F. Sacco (1941) e F. Scarsella  (1945). Non ci sono apparati morenici sufficienti per determinare le diverse fasi cronologiche della glaciazione quaternaria, pertanto è possibile solamente riconstruirne, parzialmente, l’entità riferita alla massima espansione wurmiana.
Lo studio più recente, ma inspiegabilmente superficiale, è quello di E. Jaurand (1993), limitato alla confutazione delle morene dell’Agro Nero, con allegata una carta molto sommaria ed approssimativa.

VERSANTE ORIENTALE

Valle Rio Castellano

Alla testata della valle si osservano 5 circhi glaciali di piccole e medie dimensioni, con orientamento variabile tra N ed E. Il circo più grande è quello compreso tra la  Cima Lepri (2.455m) ed il Pizzo di Sevo (2.422m), un grande circo di valle nel quale confluiscono due circhi più piccoli situati proprio sotto le due suddette cime. Più a nord, sotto la cresta che discende dal Pizzo di Sevo verso  la Macera della Morte (2.073m), si trovano tre piccoli circhi con relative vallette sospese sopra la valle principale. Dei tre, solamente quello più meridionale riusciva a confluire nella colata principale, mentre gli altri due ne rimanevano distanti. Forme circoidi, si trovano lungo il versante settentrionale della cresta che unisce la Cima Lepri al Monte Pelone (2.057m). La parte più elevata del Rio Castellano presenta una profilo ad U molto svasato, con l’inequivocabile traccia del passato glaciale nella bella scarpata, in sinistra idrografica del M. di Mezzo (2.138m) e dell’altra, in destra idrografica, sotto la regione “Carbonara”. Al centro della valle è anche visibile un accenno ad un grande circo di valle, pressoché smantellato dall’erosione. Purtroppo, manca qualsiasi traccia di morene, pertanto è assai difficile capire quanto fosse lungo il ghiacciaio, ma è certo che arrivasse almeno fino alla Piana dei Cavalieri (1.350m), dove lo spessore del ghiaccio doveva essere ancora consistente.

Valle Castellana

Nell’alta Valle Castellana ci sono 5 circhi glaciali di medie dimensioni che danno origine ad una bella doccia glaciale ben conservata. Il circo maggiore è quello situato sotto il Pizzo di Moscio (2.411m), dove si osservano due diverse fasi di esarazione glaciale. Il secondo circo glaciale si trova sotto la Cima Lepri; di forma allungata, è il risultato della fusione di circa 5 nicchie minori. Entrambi i circhi confluiscono a circa 1.550-1.600m per dare origine alla più bella valle glaciale della Laga. Il profilo ad U è molto evidente ed anche le scarpate glaciali sono ben conservate, affiancando il solco vallivo fino alla morena terminale sinistra, situata a 1.260m. La suddetta morena ha deviato il corso di un torrente proveniente dalle pendici del M. Pelone (arricchito anche da piccoli torrenti che scendono dal Colle Romicito) e dando origine a “ La Piana”, conoide fluviale, già sede di un laghetto morenico poi colmato dai detriti provenienti dalla conoide. Il pendio settentrionale del Pizzo di Moscio, aggettante sul sottostante circo, era ricoperto da un seracco sospeso.

Fosso La Cavata

Questa valle secondaria si diparte dal versante orientale del Pizzo di Moscio e discende verso il Bosco della Langamella. Il versante è inclinato a franapoggio e presenta una pendenza moderata ed una morfologia tabulare fino a circa 2.100m, dove il pendio si rompe in due circhi glaciali poco incisi, che confluiscono nella valle, già occupata da una corta lingua glaciale fino a circa 1.450m, dove si trova la morena laterale destra del ghiacciaio.

Fiumata

Alla testata della valle sono presenti due bei circhi, di forma allungata (frequenti sulla Laga), con esposizione a nord. Quello più grande e più inciso inizia proprio sotto la vetta del M.Gorzano, mentre il secondo si trova sempre sulla stessa linea di cresta ed è sospeso sulla valle principale, con due bei gradini che testimoniano i livelli raggiunti dalla colata glaciale. Il ghiacciaio riceveva anche l’apporto di una colata proveniente dalla cresta del M.Pelone, ma non vi sono tracce di circhi glaciali. Il ghiacciaio vallivo discendeva forse fino a 1.500m, dove la valle piega a nord e si fa meno evidente la scarpata glaciale.

La valle glaciale di Fiumata con, sulla sn, la sella di trasfluenza verso la Valle di Selva Grande

La valle glaciale di Fiumata con, sulla sn, la sella di trasfluenza verso la Valle di Selva Grande. Si vedono anche i circhi sospesi del Pizzo di Moscio

Valle delle Cento Cascate

Si trova a sud del M.Gorzano. La testata della vale è incisa da 4 circhi glaciali abbastanza ben conservati esposti a sudest/est, con soglie poste a circa 2.000m. Nella valle sono rimaste due scarpate di erosione glaciale. Quella più evidente è quelle in sinistra idrografica (Costa delle Troie), anche se buona parte della scarpata è di origine tettonica. La seconda scarpata si trova in destra idrografica e chiude a sud la Valle Sacrestia che discende dalla cima della Laghetta (2.334m). Non sono presenti morene tranne un accumulo roccioso di possibile origine morenica alla confluenza della V.Sacrestia con la valle principale, a 1.800m. L’assenza di sicuri residui morenici impedisce la ricostruzione delle dimensioni raggiunte dal grande apparato glaciale, ma il profilo aperto della valle indica che il ghiacciaio vallivo è riuscito a discendere almeno fino a 1.500m (loc. “Tignoso”).

La valle glaciale delle Cento Cascate. In primo piano i resti della soglia del circo glaciale

La valle glaciale delle Cento Cascate. In primo piano i resti della soglia del circo glaciale

Monte di Mezzo

Quattro circhi sono presenti sulla cresta compresa tra la quota 2.132m e la vetta del M.di Mezzo (2.155m). I due circhi sono di forma allungata  e non presentano soglie di contropendenza. I circhi si prolungano a valle in corte vallette dal profilo ad U, profondamente incise dall’erosione idrica.  I ghiacciai avevano lunghezze comprese tra i 500 ed i 1.500m. Il ghiaccio proveniente dai circhi del Colle Senarica (2.002m) confluiva in una corta lingua che riusciva a raggiungere i 1.700m circa.

I circhi del Monte di Mezzo con le corte valli glaciali

I circhi del Monte di Mezzo con le corte valli glaciali

 

VERSANTE OCCIDENTALE

La forte acclività del versante occidentale della Laga ha ostacolato la formazione di ingenti masse glaciali, perlopiù ridotte a ghiacciai di circo, con fronti sospese e seraccate oppure con corte lingue incassate in profondi e ripidi valloni. L’unica eccezione è rappresentata dal Fosso d’Ortenza, valletta  sospesa situata immediatamente a sud del M.Gorzano, che ancora conserva, anche se molto alterata, la caratteristica forma a truogolo. La suddetta valletta rimaneva sospesa a causa di un alto gradino roccioso, oggi sede di una bellissima cascata. Il ghiacciaio si frantumava all’altezza del gradino (1.800m) per poi ricomporsi subito a valle, sotto forma di conoide di rimpasto. Nella Valle di Selva Grande ci sono diversi circhi, i due più grandi dei quali si trovano sotto la cresta  compresa tra il M.Pelone ed il M. Gorzano, aperti a NW. Circhi sospesi si osservano sul versante meridionale del P. di Moscio, mentre i versanti occidentali e meridionali della Cima Lepri del Pizzo di Sevo presentano scarse tracce glaciali, con forme circoidi evidenti ma molto degradate.

I circhi sospesi della Cima Lepri, versante meridionale

I circhi sospesi della Cima Lepri, versante meridionale

Il limite delle nevi persistenti era compreso tra i 1.900-2.000m del versante occidentale ed i 1.850-1.900 di quello orientale. La differenza tra i due versanti è imputabile a due fattori essenziali:

  • Maggiore pendenza del versante occidentale nei confronti di quello orientale

  • Effetto sottovento sul versante orientale, con trasporto della neve dal versante occidentale a quello orientale

La posizione geografica dei Monti della Laga, lontani dalle umide correnti tirreniche e prossimi all’allora secco versante adriatico, ha favorito la risalita del limite delle nevi, analogamente a quanto accaduto sul vicino G.Sasso, dove analoghe condizioni geografiche ripropongono simili valori, mentre il valore della Laga è nettamente superiore ai 1.660-1.700 paventati da Damiani & Pannuzzi (1975) per gli adiacenti Monti Sibillini. Una trattazione a parte va riservata alla questione “calotta glaciale”, aspetto non secondario nell’alimentazione dei ghiacciai appenninici. Fino ad ora, l’argomento è stato praticamente ignorato, ad eccezione di Hassert per la Majella (1900), poi ripreso da Giraudi (1998) e Damiani & Pannuzzi per la Genzana (1985-1986b) ed i Simbruini (1990).  Probabilmente, la mancata trattazione è dovuta all’oggettiva difficoltà di dimostrare la presenza o meno di una calotta glaciale sommitale sulle montagne carsificate dell’Appennino centrale. Tuttavia, l’assenza di uno studio in tal senso inficia spesso l’attendibilità delle ricostruzioni delle dimensioni raggiunte dai ghiacciai appenninici, proprio perché alcune dimensioni dei ghiacciai risultano chiaramente esagerate in assenza di una calotta sommitale che contribuisse ad alimentarli (es: PNALM e Matese). In tal senso, la presenza o meno delle calotte, aspetto superficialmente risibile, al contrario risulta determinante perché la presenza o meno delle calotte condiziona profondamente anche la paleoclimatologia di queste montagne. Scendendo più nel dettaglio, la presenza o meno delle calotte implicherebbe in maniera forzosa due diversi scenari climatici. In caso di presenza di calotte glaciali avremmo avuto una glaciazione “umida”, sul tipo di quella delle montagna norvegesi meridionali, ben irrorate dagli umidi venti atlantici; in caso di assenza ci troveremmo di fronte uno scenario simile a quello delle fredde e aride montagne dell’Asia Centrale, dove i ghiacciai sono prevalentemente di versante e, quindi, ad una glaciazione di tipo “continentale arida”. Va da se che i differenti scenari implicano anche climi sostanzialmente diversi, per non dire opposti. Non sarebbe di nocumento l’approfondimento di tale aspetto.

La valle sospesa del Fosso di Ortenza. Nonostante la profonda erosione si intuisce ancora il profilo a truogolo

La valle sospesa del Fosso di Ortenza. Nonostante la profonda erosione si intuisce ancora il profilo a truogolo

Con riferimento alla glaciazione della Laga, la presenza di una calotta aiuterebbe a comprendere il disallineamento di alcuni circhi rispetto alle linee di cresta, non imputabile a fattori erosivi (Fosso Cavata), così come la presenza di scarpate di erosione anche in assenza totale di circhi o forme circoidi a monte (….). Inoltre, la naturale inclinazione dei pendii a franapoggio del versante orientale avrebbero favorevolmente aiutato la formazione di una calotta, di cui rimangono solamente le vestigia sotto forma di scarpate di erosione, nonché pendii con con dossi apparentemente montonati (Cima Lepri). Un cenno a parte merita il Pizzo di Sevo, dove le uniche tracce sicure si trovano solamente sul versante meridionale ed orientale. Infatti, il versante occidentale e settentrionale non presentano alcuna traccia di esarazione glaciale, tranne una leggera concavità aperta a NW. L’unica spiegazione è che la montagna fosse ricoperta da una piccola calotta di ghiaccio, sullo stile di quelle dei vulcani sudamericani, con un movimento gravitativo molto scarso. Più a nord c’è la Valle del Chiarino, compresa tra il Pizzitello e la Macera della Morte. Alla sua testata si trovano due concavità, riconducibili a forme di esarazione glaciale con ancora tracce delle soglie di contropendenza a 1.800m. La valle possiede un profilo molto svasato, con tracce delle scarpate glaciali, sia in destra che in sinistra idrografica. Allo stato attuale è impossibile capire quale fosse la lunghezza del ghiacciaio.

Tracce glaciali dei Monti deella Laga

Le tracce glaciali dei Monti della Laga

I ghiacciai wurmiani della Laga alla loro massima estensione

Ricostruzione dei ghiacciai wurmiani della Laga

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA


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DAMIANI  A.V., PANNUZZI L., 1985-1986b – La glaciazione pleistocenica nell’Appennino laziale-abruzzese (4): i ghiacciai del gruppo montuoso della Genzana (Scanno-Sulmona) e considerazioni neotettoniche. Bollettino del Servizio geologico d’Italia, 105, pp. 97-136
DAMIANI A.V., PANNUZZI L., 1990 – La glaciazione pleistocenica nell’Appennino laziale-abruzzese (5): i ghiacciai dei Monti Simbruini (Campo Ceraso, Valle Mozzone, Fiumata, Valle Granara) e considerazioni di tettonica recente. Memorie descrittive della carta geologica d’Italia, 38, pp. 215-250
GIRAUDI C., 1998 – Nuovi dati sul glacialismo della montagna della Maiella (Abruzzo, Italia centrale). Il Quaternario, 11 (2), pp. 265-271
HASSERT K. 1900 – Tracce glaciali negli Abruzzi. Bollettino Società Geografica Italiana, ser. 4, 1 (7). pp. 620-628
SACCO F., 1941 – Il glacialismo nell’Appennino. L’Universo, 22 (9), pp. 569-602
SCARSELLA F. 1945 – Nuove tracce di ghiacciai nei Monti Sibillini e nei Monti della Laga. Bollettino della Società Geologica Italiana, 64. pp. 99-102
SUTER K., 1934 –  Les glaciers Quaternaires de l’Apennin central. Revue de Geographie Alpine 22  (2), p. 471-483
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